Don dolindo ruotolo, dolindo ,don dolindo,Dolindo Ruotolo - sacerdote e terziario francescano - è stato insieme a Padre Pio da Pietrelcina ruota del carro della Chiesa

 

 

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L'ATTO DI ABBANDONO A GESU ' DI DON DOLINDO RUOTOLO

"Perché VI CONFONDETE AGITANDOVI?.

Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà.

Vi dico, in verità, che ogni atto di vero, ricco e completo abbandono in me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.

Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io segua voi.

E' cambiare l'agitazione in preghiera. Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero dalla tribolazione e rimettersi a me perché io solo operi, dicendo: pensaci Tu. E' contro l'abbandono la preoccupazione, l'agitazione e il volere pensare alle conseguenze di un fatto.

E' come la confusione che portano i fanciulli, che pretendono che la mamma non pensi alle loro necessità, e vogliono pensarci essi stessi, intralciando con le loro idee e le loro fisime infantili il suo lavoro. Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia, chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare, chiudete gli occhi e pensate al momento presente, stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione; riposate in me credendo alla mia bontà e vi giuro che per il mio amore che, dicendomi, con queste disposizioni, pensaci tu, io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco.

E quando debbo portarvi in una vita diversa da quella che vedete voi , io vi addestro, vi porto nelle mie braccia, vi faccio trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, dall'altra riva. Quello che vi sconvolge e vi fa male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo ed il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge.

Quante cose io opero quando l'anima, tanto nelle sue necessità spirituali quanto in quelle materiali, si volge a me dicendomi: pensaci tu!, e chiude gli occhi e riposa.

Avete poche grazie quando vi assillate per produrle, ne avete moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a me. Voi, nel dolore, pregate perché io operi, ma perché io operi come credete….

Non vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee, non siete infermi che domandano al medico la cura, ma gliela suggeriscono. Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater: sia santificato il tuo nome, cioè sii glorificato in questa mia necessità, venga il tuo regno, cioè tutto concorra al tuo regno in noi e nel mondo; sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, cioè disponi tu in questa necessità come meglio ti pare, per la vita nostra terrena e corporale.

Se mi dite davvero: sia fatta la tua volontà, che è come dire: pensaci tu, io intervengo con tutta la mia onnipotenza e risolvo le situazioni più chiuse. Ti accorgi che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: sia fatta la tua volontà, pensaci tu! Ti dico che io ci penso e che intervengo come medico e compio anche un miracolo, quando occorre. Vedi che la situazione peggiora? Non ti sconvolgere; chiudi gli occhi e dì: pensaci tu! Ti dico che io ci penso, e che non c'è medicina più potente di un mio intervento d'amore.

Ci penso solo quando chiudete gli occhi.

Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare e vi abbandonate così alle forze umane e peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. E' questo che intralcia le mie parole e le mie vedute. Oh, come io desidero da voi questo abbandono per beneficiarvi e come mi addoloro nel vedervi agitati!

Satana tende proprio a questo: ad agitarvi per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda alle iniziative umane; confidate perciò in me solo, riposate in me, abbandonatevi a me in tutto. Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono a me, e del nessun pensiero di voi. Io spargo tesori di grazia quando voi siete nella piena povertà. Se avete vostre risorse, anche poche, o se le cercate, siete nel campo naturale e seguite quindi un percorso naturale delle cose che è spesso intralciato da satana.

Nessun ragionatore ha fatto miracoli, neppure tra i Santi. Opera divinamente chi si abbandona in Dio.

Quando vedi che le cose si complicano, dì con gli occhi dell'anima, chiusi: Gesù, pensaci tu! Fa così per tutte le tue necessità! Fate così tutti e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli! Ve lo giuro per il mio amore,

 

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DON DOLINDO VITA E OPERE

Dolindo Ruotolo nacque a Napoli il 6 ottobre 1882 da Raffaele Ruotolo, ingegnere e matematico, e da Silvia Valle, discendente della nobiltà napoletana e spagnola. La famiglia era numerosa e le entrate alquanto scarse, questo faceva sì che spesso nella sua casa si soffrisse la fame e mancassero persino vestiario e scarpe. Don Dolindo descriveva il padre come una persona molto rigida; Raffaele tra l’altro non mandò i figli a scuola, ma volle insegnargli egli stesso a leggere e scrivere, per cui la loro educazione fu molto sommaria.

Nel 1896, Dolindo e il fratello Elio vennero messi dai genitori nella Scuola Apostolica dei Preti della Missione. Nel 1899, Dolindo venne ammesso al noviziato. Il 1° giugno 1901, fece i voti religiosi e il 24 giugno 1905 venne ordinato sacerdote. Successivamente venne nominato maestro di canto gregoriano e professore dei chierici della Scuola Apostolica.

La vita da sacerdote Vincenziano fu intessuta da tanti episodi dolorosi. Dal 3 settembre 1907, fu vittima di una serie di errori e incomprensioni che lo portarono al giudizio dell’allora Sant’Uffizio. Venne sospeso dai sacramenti e fu sottoposto anche a perizia psichiatrica, dove risultò sano di mente. Ridatigli i sacramenti, fu inviato di nuovo a Napoli dove fu espulso dalla sua Comunità. Seguirono anni pieni di tormenti di ogni genere. Dovette accettare di essere esorcizzato e, considerato pazzo, fu oggetto di dolorosi attacchi da parte della stampa.

Nella sua solitudine cominciò ad avere delle comunicazioni soprannaturali, per cui scriveva quanto gli veniva rivelato, specie da santa Gemma Galgani. Il 22 dicembre 1909 Gesù gli parlò solennemente dall’Eucarestia. Durante la celebrazione eucaristica percepiva la presenza della Madonna, dei Santi e degli Angeli custodi degli astanti.

Si trasferì a Rossano in Calabria e da lì partì la richiesta di revisione, grazie anche all’aiuto di prelati amici, alcuni dei quali anche testimoni dei suoi doni soprannaturali. Nel 1910 venne finalmente riabilitato, dopo due anni e mezzo di sospensione, ma le sue tribolazioni non erano finite. Nel dicembre 1911, Don Dolindo venne nuovamente convocato dal Sant’Uffizio a Roma e nel 1921 subirà anche un processo, dove verrà condannato ed esiliato. Venne definitivamente riabilitato nel 1937.

Pur fra continui dolori ed incomprensioni, la sua vita di sacerdote, ormai diocesano, proseguì a Napoli. Fu l’ideatore dell’ “Opera di Dio”, il cui scopo era principalmente quello di promuovere una rinnovata vita eucaristica. Intorno a lui si radunavano tanti giovani, tutti di cultura elevata, che in seguito formarono l’Opera “Apostolato Stampa”. L’Opera, attraverso la stampa degli scritti di Don Dolindo, riuscì a far conoscere ovunque il suo insegnamento.

Don Dolindo non amava le delicatezze del cibo e del vestiario, sopportava il freddo e la fame e fu visto camminare nella neve senza calzini ai piedi. Riceveva tutti, per tutti pregava, per tutti soffriva. Si avvicinava ai malati più infetti e li carezzava, li baciava e là dove il ribrezzo avrebbe in altri estinto la compassione in lui suscitava la pietà.

Padre Ruotolo fu uno scrittore estremamente prolifico, i suoi scritti più importanti vanno dal monumentale “Commento alla Sacra Scrittura”, in 33 volumi, alle tante opere di teologia, ascetica e mistica. Di lui ci sono rimasti interi volumi di epistolario, scritti autobiografici e di dottrina cristiana. Raccontò la sua vita in una poderosa “Autobiografia” oggi stampata in due volumi, con il titolo “Fui chiamato Dolindo, che significa dolore”.

Nel 1960 iniziava un altro calvario per padre Dolindo, un ictus gli immobilizzò il lato sinistro, ma non riuscì a fermarlo. Dal suo tavolino continuava a scrivere alle sue “Figlie spirituali”’ sparse un po’ dovunque.

Don Dolindo Ruotolo si spense il 19 novembre 1970 all’età di 88 anni a causa di una broncopolmonite. Poco prima della sua morte, nel generale raccoglimento attorno al suo letto di morte, si era diffuso nell'aria un profumo di gigli, sentito dai presenti e accolto come stigma ultimo della sua santità.

 

 

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